La paura è una delle emozioni più importanti e più intense che possiamo provare e, insieme con la rabbia, la tristezza, la gioia e il disgusto fa parte dell’arcobaleno di emozioni che alcune specifiche aree della nostra mente sono in grado di produrre, per colorare la nostra vita: alcuni autori come ad esempio Jaak Panksepp ne distinsero ben sette (paura, rabbia, eccitazione sessuale, cura, pena della solitudine, gioco e ricerca/voglia di fare) mentre altri preferirono classificarle in due categorie ovvero emozioni primarie (gioia, tristezza, rabbia, disgusto, paura, sorpresa) ed emozioni secondarie o complesse (vergogna, rimorso, imbarazzo, senso di colpa, invidia).

In ogni caso, tutti si trovarono più o meno d’accordo su un elemento comune: le emozioni sono state (e continuano ad essere, tranne nei casi in cui diventino disfunzionali e decontestualizzate) elementi fondamentali e necessari per la sopravvivenza dell’individuo e della specie, come soleva sottolineare anche Charles Darwin, che per primo cercò di analizzarle dal punto di vista scientifico, nella metà dell”800.

L’etimologia stessa della parola emozione ci fornisce una spiegazione chiara ed inequivocabile della funzione delle emozioni: dal latino emovère cioè ex movere, quindi muovere, scuotere, portare fuori e, in senso più ampio, agitare, spingere a fare qualcosa.

Le emozioni svolgono infatti il compito di indicarci la direzione, di fornirci un suggerimento su cosa possa essere utile fare in una determinata situazione, cosa fare in quel preciso momento, di cosa abbiamo bisogno o quale azione compiere per salvarci la vita.

L’emozione paura non sfugge a questa funzione ma, per conoscerla da vicino dobbiamo prima di tutto imparare dove e come nascono le emozioni, dentro di noi: innanzi tutto, dobbiamo sapere che nel nostro cervello le emozioni sono spontanee e non possiamo né produrle volontariamente né tanto meno interromperle una volta che esse siano state prodotte poiché le aree neuronali che le generano non sono sotto il nostro diretto controllo! Non abbiamo a disposizione, per così dire, l’interruttore per accenderle e spegnerle, come potremmo fare con una lampadina in una stanza o con la televisione, quando vogliamo vedere il programma che ci interessa.

Chi detiene dunque il possesso del telecomando, verrebbe da chiederci? Chi decide, dentro di noi, quale programma vedere…?

Addentriamoci nella conoscenza dei meccanismi di funzionamento del cervello per scoprire, come nascono le emozioni e potremo rispondere a questa e ad altre domande come ad esempio come poter interagire con le aree che producono le emozioni oppure anche cosa fare per evitare di essere sopraffatti da emozioni destabilizzanti che possano influire negativamente sulla quotidianità e sul nostro benessere psicofisico.

La prima cosa da sapere è che l’area che contiene la Fabbrica delle emozioni e che le genera attraverso complessi processi neurochimici, non è la vera responsabile dei nostri stati emotivi poiché non è la prima area che si attiva durante il processo di genesi delle emozioni; essa è subordinata ad un’altra importantissima area (un’area che possiede un Filtro con cui analizza i dati provenienti dalla realtà) dalla quale dipende gerarchicamente.

L’area che contiene la Fabbrica delle emozioni è, per così dire, un’area che semplicemente esegue e svolge compiti, un’area che si attiva soltanto dopo che siano arrivati i giusti input di attivazione (da parte dell’Area Filtro) ma non è in grado di decidere autonomamente quando e se attivarsi, senza che l’Area Filtro le dia il permesso!

Da ciò si evince che, per conoscere davvero come funzioniamo e per capire come intervenire, dobbiamo concentrare la nostra attenzione sull’area del cervello che comanda alla Fabbrica delle emozioni di dare avvio alla produzione delle stesse, indicando anche qualità, intensità (ovvero quantità di emozione) e durata nel tempo dell’emozione prodotta.

Ma perché è necessaria la presenza di un’Area Filtro che svolga il compito di attivare l’area che contiene la Fabbrica delle emozioni?

Ebbene, come visto, le emozioni sono nate con il preciso compito di spingerci a compiere un’azione, per esempio per la nostra sopravvivenza, nel momento in cui un elemento della realtà lo rendesse necessario; il problema che la Natura si è posta, centinaia di migliaia di anni fa, è stato dunque quello di costruire un Sistema di controllo in grado di decidere quando fosse utile e funzionale la produzione di emozioni di modo che la Fabbrica delle emozioni si attivasse soltanto quando davvero necessario.

Immaginiamo un’antilope, impegnata a brucare una tenera e nutriente erbetta, che improvvisamente avverta l’odore del leone, trasportato dal vento o percepisca il rumore delle foglie calpestate dalle zampe di un predatore che si avvicina oppure ancora individui un altro segnale che indichi la presenza di un animale pericoloso: in una tale situazione, i suoi Sistemi di controllo (l‘Area Filtro e la Fabbrica delle emozioni) sono in grado di spingerla ad interrompe immediatamente l’azione in atto per correre via e mettersi in salvo!

Ma come fa, il Sistema di controllo, a comunicare all’antilope di scappare immediatamente? La Natura ha risolto il problema inventando le emozioni; producendo una forte emozione, come ad es. la paura, una delle emozioni filogeneticamente più antiche, l’antilope viene spinta a scappare nel più breve tempo possibile! 

In assenza di un’emozione destabilizzante potente, come la paura, il piacere prodotto dall’azione di brucare l’erba e di riempirsi lo stomaco e la relativa produzione di dopamina e di endorfine (i neurotrasmettitori che il cervello produce nei momenti di benessere) porterebbero la nostra antilope a non interrompere l’azione piacevole, con il rischio di cadere vittima dell’animale feroce.

Se i Sistemi di controllo del suo cervello non fossero attivi o se non fossero programmati per accendere un’emozione in presenza di uno degli input considerati pericolosi, le antilopi si sarebbero estinte e oggi potremmo intuire la loro pregressa esistenza soltanto attraverso la scoperta di reperti fossili.

Ma così non è!

Le antilopi esistono e continueranno ad esistere perché nel loro cervello è presente un efficiente Sistema di controllo: un’Area Filtro che lavora in continuazione in automatico (senza cioè che l’antilope debba necessariamente porvi l’attenzione vigile) che analizza costantemente i dati provenienti dalla realtà esterna e decide autonomamente se attivare o meno la Fabbrica delle emozioni per comunicare all’antilope di fuggire, anzi, per attivare la fuga ancora prima che l’antilope distolga l’attenzione cosciente dall’azione in cui è impegnata e la rivolga verso l’input pericoloso! Non c’è tempo per pensare, l’emozione deve essere prodotta e deve agire immediatamente e indipendentemente dalla volontà o dall’attenzione cosciente dell’animale.

In sintesi, affinché prenda vita un’emozione come la paura nel nostro cervello devono essere presenti tre elementi:

  1. L’Area Filtro instancabile e sempre attiva, che analizzi (anche indipendentemente dalla nostra attenzione cosciente!) i dati provenienti dalla realtà intorno a noi; per compiere questo incessante lavoro di analisi e controllo, l’Area Filtro deve avere a disposizione un Database di informazioni che permetta un confronto tra il dato di realtà analizzato e un elenco pre-memorizzato di elementi considerati pericolosi (un ruggito deve attivare la risposta fuga, il cinguettio degli uccelli non deve produrla!).

  2. Il Database di informazioni, contenente l’elenco pre-memorizzato, deve permettere all‘Area Filtro di operare un confronto veloce e continuo per decidere (in pochi attimi!) quali siano i dati di realtà trascurabili e quali siano i dati di realtà significativi, così da attivare o meno un messaggio ovvero un’emozione che inneschi, nell’animale, un’azione adeguata al contesto analizzato;

  3. La Fabbrica delle emozioni deve essere sempre all’erta, sempre pronta a produrre, su richiesta, il messaggio voluto dall’Area Filtro: nel caso di un ruggito, si tratterà dell’emozione paura, in grado a sua volta di attivare il sistema nervoso, l’area motoria, il sistema ormonale, tutto nel più breve tempo possibile.

L’Area Filtro è in grado di decidere autonomamente (con 0,3 secondi di anticipo rispetto alle aree della coscienza), se l’input esterno analizzato costituisca un pericolo per la sopravvivenza o se sia trascurabile: l’antilope che bruca l’erba evidentemente percepisce intorno a sé molti input esterni, dalla presenza sul suo dorso dei Buphagus, i simpatici uccellini che le ripuliscono il manto dai parassiti, al movimento saltellante di un leprotto anch’esso intento a procacciarsi il cibo, al cinguettio degli uccelli impegnati in canti rituali di accoppiamento… eppure nessuno di questi input esterni è in grado di attivare la Fabbrica delle emozioni! E sarebbe un grosso problema per l’antilope se la sua Area Filtro la attivasse in presenza di questi input, quindi senza che sia presente un reale pericolo, senza un motivo davvero significativo, come se l’allarme di casa si mettesse a suonare mentre siamo intenti a goderci un bel film alla tv ma senza la presenza del ladro!

L’emozione infatti serve ad innescare un cambiamento, l’attivazione di un sistema, un’azione (come quella di correre via e di mettersi in salvo) ma non deve far sprecare energie e risorse, deve essere commisurata all’evento analizzato e deve essere agita nel momento in cui sia effettivamente percepito il pericolo, per non interrompere continuamente le azioni che l’animale sta compiendo!

Ovviamente non esiste soltanto l’emozione paura e non esistono soltanto emozioni destabilizzanti: per fortuna possiamo provare emozioni molto piacevoli e gratificanti! Tutte sono però correlate con specifici circuiti neuronali e con la relativa produzione di neurotrasmettitori: non possiamo provare emozioni se blocchiamo il relativo circuito neuronale. Ed è vero anche il contrario: è possibile programmare un circuito neuronale per farci provare piacere in contesti o situazioni strane o anormali, che normalmente non dovrebbero attivare sensazioni o emozioni gratificanti.

È importante sapere però che in tutti gli animali (tranne che nella nostra specie, che monta un hardware mentale differente, come vedremo più avanti) le emozioni tutte, belle o brutte, sono sempre e comunque risposte ad input esterni che l’Area Filtro è stata in grado di analizzare.

È interessante a questo punto operare un confronto tra il funzionamento del cervello di tutti gli altri animali e quello dell’animale Uomo (o meglio dell’essere umano, genere Homo, Famiglia Ominidi, ordine Primati, come da classificazione di Linneo del 1758).

Ebbene, l’animale Uomo ha un’abilità che gli altri animali non hanno e che, paradossalmente, crea un netto svantaggio rispetto ad essi: può provare emozioni in modo totalmente decontestualizzato rispetto al contesto in cui si trova e in modo assolutamente non correlato con gli elementi presenti in quel momento nella realtà esterna, come quando leggiamo un libro di fiabe e immaginiamo di trovarci immersi in un magico bosco incantato, accanto a gnomi festanti e fate turchine adornate di merletti, percependo una sensazione di piacevolezza con emozioni di gioia e di sorpresa (emozioni certamente decontestualizzate rispetto alla realtà costituita da  una poltrona, dal nostro gatto che dorme sul plaid accanto ai nostri piedi, dal paralume piegato dagli anni e dall’usura e dagli altri elementi della stanza realmente presenti intorno a noi). Il problema non nasce però nel momento in cui il cervello ci produce emozioni positive, piacevoli e suggestive decontestualizzate quanto piuttosto quando genera emozioni destabilizzanti, non correlate con la realtà e non necessarie, seguendo lo stesso meccanismo di prima ovvero in risposta a pensieri o idee o immagini che noi siamo in grado di fornirgli!

A causa di cio, l’Homo Sapiens è l’unica specie che riesce a passare l’85% in più del tempo, della propria vita, a soffrire emotivamente, rispetto agli altri animali.

Ed ecco perché secondo le stime dell’OMS un terzo della popolazione europea soffre di ansia e di panico: si tratta di risposte emotive, come visto, nell’85% dei casi non contestualizzate con la realtà (come potrebbe invece sembrare ad una analisi non attenta, che ignori questi meccanismi di funzionamento del cervello).

Verrebbe da chiedersi come mai il nostro cervello, così sofisticato ed elaborato, compia un tale errore…

Entriamo quindi nello specifico dei meccanismi che regolano la produzione della paura nella specie umana, Homo sapiens, che sono, come detto, di natura leggermente diversa rispetto a quelli che sottendono la produzione della stessa negli altri animali.

Anche l’Homo sapiens possiede un cervello dotato dei sistemi di controllo installati da Madre Natura nei cervelli di molti altri animali per cui sono presenti sia l’Area Filtro che la Fabbrica delle emozioni, tuttavia ci sono due importantissime differenze: la prima è costituita dal fatto che l’Area Filtro dell’Homo Sapiens è in grado di attivare la Fabbrica delle emozioni non soltanto come risposta alla realtà esterna ma anche e soprattutto come risposta ai pensieri presenti in altre aree del nostro cervello!

Quindi, nella nostra specie, l’emozione scaturisce non solo da ciò che accade intorno a noi ma anche (e soprattutto, come vedremo) dai pensieri destabilizzanti che facciamo!

Pensieri che il nostro cervello produce al ritmo di 65.000 al giorno, sia quando analizziamo la realtà sia quando la immaginiamo, quando facciamo previsioni sul futuro incerto, quando ripensiamo a situazioni del passato, quando non accettiamo ciò che accade e che non possiamo modificare o quando facciamo più o meno sensate considerazioni su noi stessi (come nella disistima, nella dismorfofobia, quando ci vediamo brutti e grassi, quando ci sembra che non siamo all’altezza o che non valiamo abbastanza ecc,).

La seconda differenza rispetto agli altri animali consiste nel fatto che i Database di informazioni del genere Homo Sapiens possono contenere informazioni spazzatura (che hanno conseguenze importantissime proprio nella produzione dei pensieri destabilizzanti sopra detti) inserite – involontariamente – attraverso l’educazione fornita dai genitori e dagli insegnanti che, ignorando i meccanismi di funzionamento del cervello (nella fattispecie, la modalità utilizzata dal sistema cognitivo per la costruzione delle reti concettuali e le peculiarità di funzionamento dei neuroni dopaminergici) non tengono conto dell’importanza degli aggettivi qualificativi e del linguaggio non verbale. Si assiste così ad un trasferimento di informazioni esperito attraverso modalità  assolutamente e pericolosamente non consone alle esigenze di crescita e di sviluppo del cervello del bambino.

Ne consegue che, quando l’Area Filtro va a leggere i Database di informazioni, per decidere se attivare un’emozione, la presenza di queste informazioni spazzatura può indurla in errore e farle attivare la Fabbrica delle emozioni anche quando non necessario, a volte in modo totalmente decontestualizzato rispetto alle situazioni o agli eventi appartenenti alla realtà esterna del soggetto: vengono così prodotte paure o altre emozioni destabilizzanti a causa delle informazioni spazzatura presenti nei Database di informazioni e non perché veramente necessarie e utili a produrre una risposta rispetto al contesto e alla realtà esterna!

È necessario a questo punto considerare gli ultimi  quattro aspetti, anch’essi molto importanti, per completare la descrizione della produzione di emozioni da parte del nostro cervello:

  1. Esistono quattro particolari categorie di paure, che proviamo quotidianamente, che non sono paure preinstallate filogeneticamente da Madre Natura nei nostri Database di informazioni ma vengono generate a causa delle sopra dette informazioni spazzatura trasferite, in buona fede, da genitori ed educatori. Si tratta delle cosiddette paure relazionali ovvero la paura del giudizio, la paura del senso di colpa. la paura/complesso di inferiorità e la paura del distacco emotivo. Esse sono in grado di creare fortissimi condizionamenti nelle nostre scelte quotidiane e nei nostri comportamenti fino a generare, quando la loro presenza supera una certa soglia di intensità, ansie, preoccupazioni o altre sensazioni spiacevoli che si intrufolano fin troppo frequentemente nel nostro vivere quotidiano. 

  2. La maggior parte delle paure che proviamo, in realtà, non sono vere e proprie paure ma pensieri! Siamo noi che diamo il nome sbagliato a questi pensieri (e li chiamiamo paure). Quando, ad esempio, diciamo: “Ho paura che…”, Ho paura di…” siamo di fronte ad un errore semantico. Stiamo descrivendo in realtà un pensiero (ovviamente intrusivo e destabilizzante) ma non stiamo percependo una paura poiché – come abbiamo visto – la paura produce sempre un riverbero sul corpo, un input di movimento, un qualche moto di agitazione, un cambiamento adattativo, una modificazione dei parametri fisici che, la maggior parte delle volte che diciamo “Ho paura di…”  in realtà non è presente! ll pensiero intrusivo può sicuramente andare a stimolare la Fabbrica delle emozioni con conseguente successiva genesi di paure o di altre emozioni negative ma c’è una grande differenza tra pensiero intrusivo ed emozione (paura).

  3. In molti casi, invece che di un pensiero intrusivo, siamo in presenza di un’ansia ma non di una paura: anche l’ansia prevede una alterazione dello stato emotivo e può avere una conseguenza sul corpo ma le conseguenze dell’ansia e della paura, sul corpo dell’animale che le percepisce, per quanto simili, presentano delle differenze.

    In particolare, la paura è una emozione percepita anche dagli animali meno evoluti e serve principalmente per attivare un comportamento di attacco/fuga con modificazioni che coinvolgono principalmente l’apparato locomotore quindi i muscoli, il sistema nervoso e il sistema endocrino per favorire un’azione istantanea ed esplosiva. Non c’è il tempo di pensare, bisogna combattere o fuggire!

    L’ansia invece è correlata con funzioni cognitive filogeneticamente più evolute e nasce come necessità di generare una maggiore attenzione verso un evento senza determinare necessariamente una improvvisa ed intensa scarica di adrenalina per quanto le sue espressioni corporee e le sue manifestazioni fisiche possano in realtà essere straordinariamente eterogenee e anche molto fastidiose fino a diventare dei veri e propri blocchi/congelamenti/paralisi, crisi respiratorie, confusione mentale o altri eventi anche momentaneamente invalidanti.

    Qual è la differenza tra ansia, paura e pensiero intrusivo?

    Negli animali le ansie e le paure nascono dopo che l’Area Filtro abbia attivato la Fabbrica delle Emozioni e sono quindi in grado di generare conseguenze sui parametri di funzionamento dell’organismo (si riflettono sul corpo): esse servono a produrre un messaggio per la parte cosciente: “Fuggi”” oppure “Presta attenzione a…” per favorire un cambiamento, come visto, attraverso la genesi cambiamenti guidati dal sistema nervoso e dal sistema endocrino. Il pensiero invece non nasce come conseguenza della attivazione della Fabbrica delle emozioni ma può andarla a stimolare e ad attivare! 

    A causa del fatto che nella specie Homo Sapiens, l’Area Filtro analizza e attiva la Fabbrica delle Emozioni anche in conseguenza di un pensiero destabilizzante e non soltanto come risposta ad un evento realmente pericoloso presente nella realtà esterna al soggetto, ansia e paura rappresentano spesso risposte emotive disfunzionali e decontestualizzate più fastidiose che non utili alla sopravvivenza.

  4. Infine, l’ultimo aspetto non meno importante da considerare, come causa, nella nostra specie, della genesi di paure o di altre emozioni destabilizzanti,  riguarda la presenza di una particolarissima area del cervello, un’Area del Sabotaggio (corrispondente ad alcune porzioni del sistema limbico e del mesencefalo) che interferisce con il normale e corretto funzionamento dell’Area Filtro e della Fabbrica delle emozioni con conseguenze facilmente immaginabili: vengono prodotte paure o altre emozioni destabilizzanti in modo totalmente avulso dal contesto e dalle situazioni contingenti poiché queste due aree subiscono una vera e propria interferenza e non riescono più a funzionare in modo corretto. In tal caso il soggetto diventa vittima di emozioni che sembrano scaturire da eventi della realtà ma che sono, in effetti, frutto di una errata elaborazione da parte del Sistema di controllo, mandato in tilt dalle Aree del sabotaggio.

 

Gli studi e le ricerche di Neuroscienze e di Etologia comparata, sulle aree del cervello e sui circuiti neuronali sopra descritti ci hanno permesso di conoscere in modo molto approfondito quei meccanismi di funzionamento che sono alla base della genesi delle emozioni e ciò ha consentito di elaborare procedure di intervento completamente nuove per trattare in modo più efficace e veloce, rispetto alle tecniche utilizzate in precedenza, tutte le sofferenze correlate con le emozioni negative, con i comportamenti disfunzionali, con i pensieri intrusivi e con le sensazioni spiacevoli e destabilizzanti, fornendo al contempo nuove chiavi di lettura e di interpretazione per comprendere la genesi delle emozioni e molti altri affascinanti meccanismi di funzionamento del nostro meraviglioso universo cervello.